CAMMINARE
Camminare: solo a pronunciarla, è già una parola distensiva, parisillaba, risuona come altre che hanno lo stesso pregio di acquetare la mente e di esprimere gioia, gusto per la vita. Accompagna il respiro. Camminare ci fa godere di più del tempo rubato agli affari (camminare come sosta deambulante distensiva), ci restituisce alla nostra corporeità (camminare come palestra naturale e gratuita).
Sferza i sensi intorpiditi dalla vita sedentaria, illuminata dal neon, priva di odori che non siano asfissianti (camminare come esperienza emotiva e sentimento di esistere). Ogni passo può mutare l’evidenza del selciato in una fluida corrente di incontri, imbattendosi per caso in nuovi sguardi, attese d’amore e d’amicizia, spiando i volti alle finestre alzando lo sguardo. Chi sceglie oggi di camminare anziché ricorrere ad altri mezzi di trasporto forse non sa di porsi nella traccia di una tradizione religiosa, di un antico modo di intendere ed interpretare l’esistenza e il rapporto con il divino. Camminare non è correre, non è competere, non è gareggiare, ma assecondare un bisogno di rallentamento, di pacatezza, di riduzione di ogni frenesia.
Camminare è anche un esercizio mentale, in alcuni casi spirituale. Arrivare camminando a una meta quale che sia, da soli o in gruppo, può dare un senso di soddisfacimento e di benessere che non è solo il portato dell’esercizio fisico.
La Repubblica