RESISTERE E CAMMINARE
Appunti ad alcuni brani tratti dalla lucidissima denuncia sullo stato della nostra civiltà fatta da Walter Siti nel suo libro “Resistere non serve a niente” (Rizzoli, Premio Strega 2013)
“Nessuno vuole davvero rinunciare al potere salvifico del consumo…”
Il viandante camminatore compie un gesto rivoluzionario: antistorico ed antieconomico, in quanto non tecnologico; gratuito, in quanto anticonsumista; esperienziale, all’antitesi di ogni validazione virtuale; antirazionale, in quanto totalmente sensoriale; empatico e socializzante, ripristinando la centralità per la specie umana della convivialità; amorale, in quanto finalizzato al piacere del gesto.
“L’umanità non vuole accettare quel che lei stessa ha scoperto: che la vita non dipende dall’amore, che i sentimenti sono essudati della biologia, che l’individuo non è più laboratorio di nulla e che il mercato è in grado di fornire l’intero kit per un’individualità fai-da-te.”
Questo è il pieno compimento dell’odierna visione efficientista e cinica dello sviluppo umano: malata in quanto nega le radici stesse dell’essere mammiferi. Il viandante camminatore compie un gesto romantico, nel senso di riproporre il romanticismo, cioè la centralità del vissuto soggettivo ed emotivo, come motore autentico di salute e felicità dell’uomo. L’amore in tutte le sue forme… per noi stessi, per l’altro, per il creato… è scopo e pratica quotidiana dello stare al mondo. Il vero nemico è l’Io, la dittatura del pensiero razionale ed il senso d’onnipotenza che ne deriva.
“I regolatori del nuovo equilibrio dovranno sapere che la virtualità è l’oppio dei popoli e la psicologia un placebo; che l’epopea del singolo è finita e d’ora in poi avremo a che fare con organismi collettivi, colonie tipo i coralli e le spugne, compattati dalla scienza come nell’alto medioevo li compattava la religione.”
Il viandante camminatore è l’anticorpo del virtuale. Mette la sensorialità al centro. Ridà col passo dopo passo pieno libero arbitrio all’individuo, salvandolo dalla tirannia della verità scientifica e dall’omologazione al ruolo di schiavo consumatore.
C’è bisogno di una visione di maggioranza. Di un messaggio profetico e salvifico rivolto a tutta l’umanità sofferente (che è “tutta” l’umanità… anche quella ricca, che si ammala di infarti e cancro e depressione e Altzeimer). Non basta contarsi fra camminatori, motivando chi è già motivato sul profondo significato di rottura della viandanza. È il momento di osare. Di capire le radici di una crisi che viene da lontano. Che siamo al capolinea dell’idea di crescita senza limiti, guidata da un Io pensante che si crede ormai unico Dio. Di immaginare e concretizzare un’idea di vita rispettosa di tutte le alterità del pianeta. Che sappia far leva sul motore autentico che determina l’agire di noi esseri umani: l’empatia. In qualche modo la filosofia del romanticismo racchiude tutto questo. Dice la centralità dell’amore, della bellezza, dell’armonia, del piacere come valore fondante, della salute sempre al primo posto. Dice che siamo noi in prima persona gli unici artefici del nostro benessere. Dice che è l’Anima ciò di cui dobbiamo prenderci cura, la nostra e quella del mondo.
Il cammino romantico può essere una proposta di svolta, che alletta per la sua positività, andando oltre la pur giusta critica spietata del presente.
Facendo intravedere che basta poco, i nostri piccoli ma potentissimi passi, per invertire l’attuale corso frenetico, senza senso, sempre più distruttivo. La felicità è a portata di piede. La semplicità del mettersi in cammino è ciò che possiamo fare subito per essere movimento di pacificazione.
Guido Ulula alla Luna
Contributo al Festival del camminare, Bolzano 2014